CANCELLATO
“Come Isole Deserte”
Un arcipelago musicale da Haydn a Bartók, da Migó a Schumann
Concerto
Dalla limpidezza di Beethoven alle visioni moderne di Prokof’ev e Migó, passando per Schumann: un viaggio di due secoli con Sergi Pacheco e l’Alinde Quartett.
Sergi Pacheco e Alinde Quartett
Tickets acquistabili al Teatro
biglietto intero: 20€
Friends di FondazioneGM : 18€
under 35: 15€
under 6: 2€
oppure a questo link:
https://www.ticketsms.it/event/Come-Isole-Disabitate-Monza-Teatro-Di-Corte-Della-Reggia-Monza-30-11-2025
PROGRAMMA
Ludwig van Beethoven (1770–1827)
Sonata in mi bemolle maggiore, op. 31 n. 3
I. Allegro
II. Scherzo. Allegretto vivace
III. Minuetto. Moderato e grazioso
IV. Presto con fuoco
Sergej Prokof’ev (1891–1953)
Sarcasmi, op. 17
I. Tempestoso
II. Allegro rubato
III. Allegro precipitato
IV. Smanioso
V. Precipitosissimo
Pause
Marc Migó (*1993)
Burlesca
L’illa Deserta. Preludi per pianoforte, Libro 1
VII. Melangia
XII. Mephisto’s disco
Robert Schumann (1810-1856)
Quintetto in mi bemolle maggiore per pianoforte e archi, op. 44
I. Allegro brillante
II. In modo d’una Marcia. Un poco largamente
III. Scherzo. Molto vivace
IV. Allegro ma non troppo
Pianoforte: Sergi Pacheco
ALINDE QUARTETT:
Violini: Eugenia Ottaviano & Guglielmo Dandolo Marchesi
Viola: Gregor Hrabar
Violoncello: Bartolomeo Dandolo Marchesi
NOTE DI SALA
Nella breve introduzione posta in apertura ai suoi Preludis de l’illa deserta, il compositore catalano Marc Migó sostiene di essere stato guidato nella loro ideazione da un punto fermo: la necessità di scrivere musica “senza il bisogno di dimostrare nulla a nessuno”, seguendo la propria voce interiore in totale libertà, come se ci si trovasse su un’isola deserta. Un nobile intento – che tuttavia avrebbe probabilmente fatto inarcare un sopracciglio a tutti gli altri compositori rappresentati nel programma di questa sera.
Che avrebbe pensato di una simile idea Ludwig van Beethoven (1770–1827), il genio ribelle che fece tremare la Vienna musicale, e che pure visse gran parte della sua vita alla mercé di editori, critici e aristocratici? Difficile immaginarlo sereno e beato su un’isola deserta, lui che cercò per tutta la vita un equilibrio tra indipendenza e riconoscimento pubblico. Eppure, nella Sonata in mi bemolle maggiore op. 31 n. 3, composta nel 1802 e pubblicata l’anno seguente, non manca una certa ironia, quasi teatrale, rivolta proprio a quel pubblico tanto necessario quanto invadente. Già nel brillante Allegro iniziale, pieno di smorfie e di giochi d’attesa, sembra di cogliere un Beethoven che si diverte a spiazzare chi ascolta; lo Scherzo, scattante e imprevedibile, rincara la dose; il Minuetto ammicca a un’eleganza di maniera solo per prenderne le distanze; e il Presto con fuoco finale trascina tutto in una corsa vorticosa, beffarda e travolgente.
Sergej Prokof’ev (1891–1953), per parte sua, avrebbe probabilmente sorriso all’idea di un’isola deserta, ma solo se vi fosse stato permesso di portarvi un pianoforte – e un po’ di spirito polemico. I suoi Sarcasmi op. 17, composti tra il 1912 e il 1914 e presentati nel 1916, sono un ciclo di cinque brevi pezzi che si pongono come la negazione stessa dell’intimismo. “Il sarcasmo – scrisse il compositore – nasce dallo scontro tra l’elemento lirico e quello grottesco”, e in effetti i cinque movimenti alternano esplosioni violente, sberleffi e improvvisi momenti di malinconia. Difficile dire se si tratti di un autoritratto o di una caricatura del mondo musicale dell’epoca, ma tra il Tempestoso d’apertura e il Precipitosissimo conclusivo si respira la stessa energia corrosiva che avrebbe reso Prokof’ev una delle voci più ironiche e anticonformiste del primo Novecento.
Dopo tanta irruenza, Migó sembra offrirci finalmente un approdo più quieto. La sua Burlesca, però, non è un’oasi di pace ma un piccolo scherzo in musica – un omaggio ironico al suo maestro Manuel Blancafort, scritto per una ricorrenza ma vestito di spirito giocoso. E neppure i suoi Preludis de l’Illa Deserta mantengono fino in fondo la promessa del titolo. Perché in quell’isola deserta, a ben vedere, non si è mai davvero soli: vi abitano i ricordi (come in Melangia) e le tentazioni del mondo (come in Mephisto’s Disco, nato – parola dell’autore – dopo una notte in discoteca).
E infine, Robert Schumann (1810–1856). Lui sì che avrebbe avuto molto da dire sull’isola deserta. Forse l’avrebbe trasformata in un piccolo regno di visioni, popolato di alter ego, critici interiori e fantasmi romantici. Il suo Quintetto per pianoforte e archi op. 44, però, è tutto tranne che solitario: una conversazione animata, a volte drammatica, tra cinque voci che si inseguono, si imitano, si contraddicono. Nel secondo movimento, una Marcia in do minore si insinua come un pensiero cupo nel mezzo di un discorso brillante e vitale – forse un ammonimento, forse solo una delle sue molte maschere poetiche.
Insomma, giunti a questo punto, siamo costretti a constatare con un poco d’amaro in bocca che nessuno dei compositori i cui nomi adornano il volantino del nostro programma si sarebbe trovato facilmente d’accordo con Migó, e con la sua similitudine dell’isola deserta. Tutti loro scrissero piegandosi alle norme di un pubblico e di un’epoca, mettendo il proprio ingegno e la propria originalità al servizio di qualcosa che di certo non era soltanto una voce interiore – e, quel ch’è peggio, esponendo il titolo che abbiamo scelto di dare al concerto al rischio di qualche bacchettata. Possiamo però dire, e senza tema di smentita, che ciascuno di essi mosse all’interno del proprio mondo passi verso luoghi ancora inesplorati, distinguendosi per coraggio e inventiva. Ciascuno di essi, insomma, sembrò a volte esplorare isole ancora disabitate, costruendo, scavando, e tracciando strade nuove e inaspettate per coloro che li avrebbero seguiti; strade che i successivi cercatori di isole deserte non poterono più permettersi di ignorare.
Federico Franchin