“Vivaldi e la Tempesta di Emozioni”
Concerto
Vivaldi e i suoi “effetti speciali”: l’ensemble Verità Baroque esplora l’anima teatrale del genio veneziano, affiancata da nuove ispirazioni di Hanke e Barcellini.
Verità Baroque
Tickets acquistabili al Teatro
biglietto intero: 20€
Friends di FondazioneGM : 18€
under 35: 15€
under 6: 2€
oppure a questo link:
https://www.ticketsms.it/event/Vivaldi-E-La-Tempesta-Di-Emozioni-Monza-Teatro-Di-Corte-Della-Reggia-14-12-2025
PROGRAMMA
Antonio Vivaldi (1678-1741)
Sinfonia dall’Opera “La Verità in Cimento”, RV 739
I. Allegro, II. Andante, III. Allegro
A. Vivaldi
"La tempesta di mare" Concerto in fa maggiore per flauto traverso, archi e basso continuo, op. 10 n. 1, RV 433
I. Allegro; II. Largo; III. Presto
Stefan Hanke (*1984)
“Starfish Rebellion” per Verità Baroque
A. Vivaldi
Concerto in re minore per due violini, violoncello, archi e continuo, op. 3 n. 11, RV 565 - 1711 from L'estro armonico
I. Allegro; II. Adagio e spiccato; III. Allegro; IV. Largo e spiccato; V. Allegro
A. Vivaldi
Concerto per Violoncello in re minore RV 407
I. Allegro; II. Largo; III. Allegro
Antonio Vivaldi (1678-1741)
“L'inverno”, Concerto per violino in Fa minore da Le Quattro Stagioni (10’)
I. Allegro non molto; II. Largo; III. Allegro
A. Vivaldi
"La notte" Concerto in sol minore per flauto traverso, archi e basso continuo, op. 10 n. 2, RV 439
I. Largo, II. Presto “Fantasmi”, III. Largo, IV. Presto, V. Largo “il Sonno”, VI. Allegro
Verità Baroque
Taya König-Tarasevich: Traversiere
Guglielmo Dandolo Marchesi & Eugenia Ottaviano: Violini Soli
Archimede De Martini & Chiara Fasani Stauffer: Violini di Ripieno
Erin Kirby: Viola
Bartolomeo Dandolo Marchesi: Violoncello
Elias Conrad: Tiorba
Mario Filippini: Contrabbasso
Marco Crosetto: Clavicembalo
https://veritaensemble.com/
NOTE DI SALA
Interessante destino, quello di Antonio Vivaldi (1678–1741). In vita osannato per le sue doti di compositore, e più ancora di suonatore di violino; vilipeso da una successiva generazione di critici, tediati da quella che percepivano come un’eccessiva banalità del suo stile; dimenticato nel corso dell’Ottocento, e poi riscoperto nei primi decenni del nuovo secolo; oggi, infine, nuovamente salutato dagli esperti come uno dei maggiori musicisti del suo tempo. Anche presso il grande pubblico dei semplici appassionati Vivaldi non cessa di mietere allori, benché principalmente come autore di un ciclo di concerti dedicato alle quattro stagioni dell’anno – che, a furia di esecuzioni su esecuzioni, sembrano ormai diventate quattromila.
Questa popolarità appare tutt’affatto giustificata, se consideriamo la mole della produzione vivaldiana e, soprattutto, le peculiari qualità del suo stile. In quasi quarant’anni di carriera, il geniale veneziano seppe sviluppare un modo di comporre estroso e originale, ricco di una carica emotiva sorprendentemente moderna, e abbondante di quelli che oggi chiameremmo “effetti speciali”. Sin dalle prime, impetuose battute l’esuberante Sinfonia in sol maggiore posta in apertura all’opera La verità in cimento RV 739 – solo una tra le svariate decine che sortirono dalla penna di Vivaldi – ci rammenta dopotutto che ci troviamo in presenza di un consumato uomo di teatro, avvezzo a richiedere la completa attenzione del suo pubblico. Il potente unisono dei violini altro non è che un espediente per ricordare a chi fosse ancora distratto di tacere, volgere gli occhi al palco, e – ciò che diverse fonti suggeriscono essere stato un problema ricorrente nel periodo del tardo barocco – spegnere il cellulare.
Altre conferme del gusto di Vivaldi per la teatralità si possono facilmente ricercare in quella parte della sua produzione che col teatro ha più punti in comune: la musica a programma. Come molti dei suoi contemporanei, evidentemente (e comprensibilmente) contrariati dalla carenza di apparecchi televisivi decenti nella Venezia del secolo decimottavo, anche Vivaldi si divertiva a rappresentare in musica, col solo ausilio degli strumenti, momenti e scenari tratti dal mondo naturale o dalla vita quotidiana. Di quest’arte sono riuscitissimi esempi i due Concerti per flauto RV 433 in fa maggiore e RV 439 in re minore, il primo dei quali dipinge a vive tinte le onde e i venti d’una tempesta di mare, e il secondo la quiete – interrotta però dal passaggio di una truppa di fantasmi – di un paesaggio notturno.
Se però, in mezzo a tanti brani da coup de théâtre, qualcuno si fosse fatto l’idea di un Vivaldi troppo facile e superficiale, autore di composizioni che – come lamentava il critico e musicista Charles Avison nel 1752 – sarebbero state soltanto “buone per divertire i bambini”, il Concerto per due violini e violoncello RV 565 provvederà a disingannarlo. In ciascuno dei cinque movimenti in cui è suddiviso, Vivaldi sembra essersi impegnato a mostrare un diverso aspetto della propria perizia compositiva. Dopo un’introduzione costruita su un gioco di imitazioni serrate tra i due violini, un breve assolo per il violoncello, e un momento di stasi marcato come adagio e spiccato, l’autore inserisce uno splendido allegro in stile fugato, che si scioglie finalmente in uno struggente largo in ritmo di siciliana. Poi, per concludere, ecco che un nuovo momento d’imitazione tra i violini introduce un drammatico allegro, costruito sul continuo dialogo tra il “concertino” formato dai tre solisti e il resto dell’orchestra.
Nel celebre Concerto per Violino RV 297 “L’Inverno” da Le Quattro Stagioni, Vivaldi sembra divertirsi a mettere in musica i disagi della stagione fredda con la stessa fantasia teatrale che anima le sue tempeste marine e i suoi temporali estivi. Tra raffiche di vento, denti che battono e passi incerti sul ghiaccio, il compositore trasforma il freddo in puro spettacolo, alternando episodi concitati e momenti di placida intimità davanti al fuoco. Ancora una volta, la natura non è semplice cornice, ma protagonista: un grande palcoscenico su cui l’animo umano riconosce se stesso, tremando – sì – ma di meraviglia.
Non sempre, nel corso di una lunga carriera, a Vivaldi fu dato di godere di un ottimo servizio stampa, ma fu negli anni successivi alla sua morte che le critiche al suo modo di scrivere si moltiplicarono. Il diffondersi di una nuova sensibilità in fatto di musica rese la sua scrittura rapidamente obsoleta, e benché per qualche tempo non gli mancassero difensori, nel complesso il grande pubblico avrebbe con tutta probabilità concordato con chi, come il celebre flautista Johann Joachim Quantz, giudicava lo stile vivaldiano macchiato da una “deplorevole superficialità”.
Oggi, per fortuna, non è più così. Benché certi aspetti della sua musica suscitino ancora qualche perplessità tra critici e studiosi, le sue innegabili qualità non cessano di ispirare nuove generazioni di interpreti e compositori. Tra questi, Stefan Hanke (1984), autore di Starfish Rebellion scritto per Verità Baroque, sembra raccogliere lo spirito più visionario del veneziano: un ritmo incalzante, una tensione continua, una teatralità sonora che rimandano direttamente alla scrittura vivaldiana, trasformando la “tempesta” barocca in energia sonora contemporanea.
Federico Franchin