“Donne di Fuoco, Canti di Memoria”
Concerto
Un viaggio tra canti popolari, ayres rinascimentali, barocco e canzoni di memoria, con strumenti antichi e popolari tradizionali.
Hanané
Tickets acquistabili al Teatro
biglietto intero: 20€
Friends di FondazioneGM : 18€
under 35: 15€
under 6: 2€
oppure a questo link:
https://www.ticketsms.it/event/Donne-Di-Fuoco-Canti-Di-Memoria-Monza-Teatro-Di-Corte-Della-Reggia-Monza-07-12-2025
PROGRAMMA
Trad. armeno
Hanané
Trad. catalano XVI sec.
La Dama d’Aragò, arr. violino, viola da gamba e basso continuo
T. Merula (1595-1665)
Canzonetta Folle è ben che si crede, Curtio precipitato et altri capricii, Venezia 1638
J. Dowland (1563-1626)
Can She Excuses My Wrongs?, da First Booke of Songs and Ayres, Londra 1597
Andrea Falconieri (1585-1656)
La Suave Melodia E Corrente da Il Primo Libro di Canzone, Sinfonie, Fantasie…ovvero altro Strumento à uno con il Basso Continuo, Napoli, 1650
Hieronymus Kapsberger (1580-1651)
Kapsberger da Libro Quarto D’Intavolature per Chitarrone, Roma 1640, arr. per violino , viola da gamba e basso continuo
Canzone antimilitarista
Gorizia, 1916
Louise Michel (1830-1905)
La Danse des Bombes, canzone antimilitarista rivoluzionaria, Parigi 1871
Biagio Marini (1594-1663)
Romanesca per Violino Solo e Basso, se piace da Arie Madrigali et Corenti op. 3, Venezia 1620
Bernard de La Monnoye (1641-1728)
La Chanson de La Palice, arr. per trio, 1525
Trad. estone
Jeesus Sinu Valu, arr. per trio
Anne Sylvestre (1934-2020)
Agressivement votre, arr. per trio, 1965
Andrea Pandolfo (1964)
Albanese
Giovanni Sollima (1962)
Ako Umran Il Zaginam, trad. Macedonia arr. per violino e violoncello
Mercedes Sosa (1935-2009)
Gracias a la vida
Marie Pornon: Voce, arrangiamenti
André Lislevand: Viola da Gamba, arrangiamenti
Angela Ambrosini: Nyckelharpa
Anna-Liisa Eller: Kannel
NOTE DI SALA
“Hanané è una donna, un personaggio immaginario. È portatrice di umanità, di bellezza, di pace e di salvezza in un mondo difficile, corrotto ed ingiusto. Hanané è una voce.”
Nessuno dei brani inclusi nel programma di questa sera avrebbe mai accarezzato col pensiero, al momento della sua nascita, l’idea che un giorno avrebbe potuto ritrovarsi spalla a spalla con tutti gli altri. Che una canzone popolare del Rinascimento spagnolo potesse aspettarsi di andare a braccetto con un inno comunardo; che una raffinata melodia composta nella Napoli barocca potesse sperare di farsi corteggiare da un’ammiccante ballata francese di quattrocento anni più giovane di lei, sono cose che hanno dell’improbabile. Che tutto questo dovesse farsi vestire di note da un ensemble internazionale formato da strumenti tipici del Seicento europeo, del folklore estone, e della tradizione svedese, è poi del tutto impensabile. Eppure è proprio in questa seducente mescolanza che Hanané compie la sua magia, rompendo i confini dello spazio e del tempo per consacrarsi alla ricerca della bellezza in un mondo al collasso.
Il nome Hanané, di origine mediorientale, si ritrova nel ritornello di una canzone popolare armena, la prima in scaletta di una serie di composizioni la cui essenza è quella di un’intima dolcezza, velata di melancolia. La segue la misteriosa Dama d’Aragó, un’antica ballata catalana che descrive le bellezze di una principessa di cui tutti – persino il regal fratello – sembrano cadere innamorati. E dove, se non nell’amore, dovremmo andare a caccia di bellezza? Ma Cupido è un dio capriccioso, ed ecco che altre due arie, una italiana e l’altra inglese, ce ne mostrano due diverse facce: quella di una gioia senza freni, benché da conquistarsi con fatica; e quella di una cupa desolazione, benché intonata su una melodia piena di saltellante grazia quale soltanto i compositori di courtly ayres del Rinascimento inglese erano capaci di produrre.
Ma la bellezza – Hanané ci ricorda – non si nasconde soltanto nelle canzoni d’amore. Anche la commedia può benissimo ospitarla in casa propria, e a una vena più francamente comica è appunto improntata la Chanson de La Palice, bizzarro epitaffio per uno dei guerrieri più coraggiosi della storia francese. Nata, probabilmente, come involontaria deformazione di un’ode sulla morte di Jacques Chabannes signore di La Palice, ucciso nella battaglia di Pavia del 1525, la canzone presenta all’ascoltatore una lunga serie di piatte ovvietà, inaugurate dall’immortale strofa “Hélas! La Palice est mort, / Il est mort devant Pavie; / Hélas! s’il n’était pas mort, / Il sérait encore en vie.” (Ahimè! La Palice è morto, / Morto davanti a Pavia; / Ahimè! s’egli non fosse morto, / Adesso sarebbe ancora vivo.)
Nel corso delle sue scorribande nel repertorio barocco, ad Hanané restano impigliate tra i capelli anche diverse arie strumentali: un’elaborata Romanesca; una Suave melodia per la quale, effettivamente, si stenterebbe a immaginare un titolo più azzeccato; un Kapsberger, curioso autoritratto in musica di uno dei più abili liutisti del tempo… Ma questi momenti di danza e di sollievo devono prima o poi cedere il passo a faccende più serie, perché la nostra eroina, nella sua ricerca, non può evitare di passare attraverso paesi segnati dalla guerra, dall’oppressione, dalle migrazioni forzate. È proprio lì, tuttavia, che Hanané scopre come anche in mezzo alle palpabili conseguenze delle più devastanti tra le follie dell’uomo vagolino scintille di speranza, nei canti di chi si oppone alla violenza o lotta per la fine delle ingiustizie.
Infine, dopo un così lungo peregrinare fatto di ballate e di preziosità, di pianto e di risate, giunge anche per Hanané il momento del riposo. L’infaticabile cercatrice trova appena il tempo di mostrare gli artigli per un’ultima volta, ma sempre sorridendo, con un’Agressivement vôtre che giunge quasi come un tardivo biglietto di presentazione; qualche canzone ancora, e poi il silenzio. Anche per questa sera, qualche frammento di poesia e di umanità è stato recuperato tra le pieghe della nostra storia. Per tutto questo Hanané ringrazia, e lo fa con una delle canzoni più meravigliosamente struggenti che mano umana abbia mai saputo consegnare alla carta. Scritta nel 1966 dalla cantautrice cilena Violeta Parra, ma resa celebre dall’interpretazione di Mercedes Sosa, Gracias a la vida è una lettera d’addio: colei che ne fu l’autrice si suicidò nel 1967, pochi mesi dopo averla terminata; ma nulla di ciò che contiene potrebbe essere più lontano dall’ispirare orrore o repulsione per il mondo che si apprestava a lasciare. Dalla prima all’ultima parola non è che un inno alla vita, e a tutto ciò che è in grado di donare; ed è sulle note di questa canzone che Hanané finalmente riposa, recuperando le forze per un viaggio duro ma necessario, che non avrà termine finché il mondo, in mezzo a tanta desolazione, avrà bellezza da offrire a chi saprà cercarla.
Federico Franchin